Blog di Paolo

Voce e abitudini posturali

da | 27 Apr 2006 | Alexander

IV convegno  internazionale “La Voce Artistica”, Ravenna 27-29 ottobre 2005

La Voce del Cantante – Volume quarto – A cura di Franco Fussi – Omega Edizioni

Le abitudini posturali e la voce: prospettive della Tecnica Alexander

Federica Felici, Paolo Frigoli

Perché la Tecnica Alexander?

La Tecnica Alexander è riconosciuta come una disciplina che può rientrare nell’ambito della rieducazione della voce. Si tratta di un metodo efficace per ripristinare un buon uso di sé, una respirazione naturale e, di conseguenza, una maggiore facilità di emissione vocale.

Nei primi anni del ‘900, l’attore F.M. Alexander era conosciuto a Londra come specialista del respiro e le sue prime pubblicazioni si occupano di respiratory and vocal re-education.  Ma, in realtà, perché un cantante dovrebbe aver bisogno di questo genere di rieducazione se esiste già una Natura che ha provveduto a creare le giuste condizioni per respirare adeguatamente ed emettere dei suoni senza sforzo? Cosa può offrire la Tecnica Alexander a chi usa la voce, professionalmente e non?

I benefici che allievi ed insegnanti riscontrano, si ottengono essenzialmente grazie a due elementi che caratterizzano questa disciplina e la sua applicazione:

  1. I cambiamenti psico-fisici avvengono a seguito di un esperienza sensoriale, prodotta dal lieve contatto delle mani dell’insegnante.
  2. L’osservazione delle proprie errate abitudini posturali permette all’allievo di smettere di interferire con la respirazione e l’emissione vocale.

Abitualmente l’insegnamento della voce e della respirazione avviene tramite immagini, mentali o anatomiche, e il Maestro non ha pressoché alcuna possibilità, ad eccezione di un ascolto molto attento, di verificare in quale modo l’allievo “traduce” le sue indicazioni, né tanto meno possiede gli strumenti per fargli percepire dal punto di vista neuromuscolare ciò che intende. Se la richiesta, per esempio, è quella di “non spingere” sugli acuti, molte sono le varietà di consigli che l’insegnante può dare, peraltro anche molto efficaci. Invece  l’insegnante di Tecnica Alexander ha come ulteriore opportunità, per raggiungere l’obiettivo, quella di far “sentire” con le  mani all’allievo l’origine dell’accumulo della tensione che lo porta a spingere, per esempio l’irrigidimento delle articolazioni degli arti inferiori, la contrazione dei muscoli delle cosce o dei glutei, ecc, e di proporgli, attraverso una nuova esperienza, di abbandonarla.

L’eccessivo o l’erroneo impiego di alcune parti del corpo conducono ad un’imperfetta coordinazione ed equilibrio della persona e la scarsa coscienza di questo uso improprio porta a percepire come giuste abitudini posturali dannose, che limitano le possibilità motorie ed espressive dell’individuo. La nostra cultura tende a non  considerare la persona nella sua unità psico-fisica e l’uso scorretto di sé viene considerato normale. Ma la musica è corporeità e per utilizzare se stessi come strumento di comunicazione occorre avere consapevolezza e coordinazione psico-fisica, qualità che la Tecnica Alexander permette di coltivare in modo efficace.

Il vero obiettivo per un cantante non è soltanto quello di interpretare brani musicali e di manifestare attraverso di essi la propria musicalità, ma quello di esprimere se stesso e soprattutto di identificarsi con la propria voce. È questa  la grande potenzialità, ma anche l’intrinseca difficoltà, che si riscontra rispetto allo strumentista il quale, necessariamente, deve delegare parte della comunicazione al proprio strumento. Nella ricerca di essere se stessi, tante sono le strade e le strategie che si possono attuare. Questo metodo propone di ripercorrere le tappe dell’esperienza vissuta da Frederick Matthias Alexander (1869 – 1955), il quale riuscì, attraverso un lungo lavoro di osservazione su di sé, non solo a risolvere il problema foniatrico che lo affliggeva ma anche ad accrescere il suo benessere psico-fisico generale.

Origini e sviluppi della Tecnica Alexander

Il giovane Alexander era già avviato verso una brillante carriera teatrale quando cominciò ad accusare una ricorrente raucedine che gli impediva di recitare. Spinto dal desiderio di tornare sul palcoscenico iniziò a studiare il suo comportamento con un sistema di specchi, convinto che alla radice dei suoi problemi vocali vi fosse qualcosa che faceva egli stesso senza rendersene conto.

Con autentico spirito di osservazione e tanta pazienza Alexander notò che si predisponeva a parlare, e più vistosamente a recitare, irrigidendo il collo, causando l’arretramento della testa e un eccessivo abbassamento della laringe. Rilasciando il collo diminuiva la pressione sulla gola e la voce migliorava sensibilmente. Proseguendo nell’indagine si rese conto di irrigidire altre parti del corpo, nel tronco e negli arti. Comprese che si trattava di uno schema  motorio complessivo, un certo modo di usare il suo corpo nell’insieme che influenzava non solo la voce e la respirazione ma ogni attività che si apprestava a compiere.

Lavorando assiduamente su se stesso comprese alcuni principi fondamentali della coordinazione umana e trovò il modo per liberarsi dalle abitudini motorie che minacciavano il suo futuro artistico. Le ritrovate qualità vocali si accompagnarono a miglioramenti nella postura, nella coordinazione, nella respirazione e nella salute in generale. La sua scoperta attrasse l’attenzione di attori e cantanti desiderosi di apprendere la nuova disciplina, ai quali si aggiunsero persone con vari problemi di salute e diversi medici interessati alle sue potenzialità terapeutiche. Per far fronte a queste richieste sviluppò un raffinato approccio manuale che divenne lo strumento essenziale per trasmettere le sue conoscenze, quello che tuttora utilizzano gli insegnanti del suo metodo.

Nel corso degli anni la Tecnica Alexander si è diffusa in ambito educativo, sanitario, artistico e sportivo. Ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali. È divenuta materia d’insegnamento in molti Conservatori di musica e Scuole d’arte drammatica in vari Paesi del mondo.

Uso e funzionamento

Alexander aveva compreso che un certo modo di usare il nostro corpo influenza il funzionamento dell’organismo ad ogni livello. Uso e funzionamento rappresentano gli aspetti volontari ed involontari del comportamento, che si integrano ad ogni istante caratterizzando la qualità dell’azione umana. Alexander ha il merito di aver portato la relazione tra questi aspetti sul piano della consapevolezza, della percezione, della scelta.

Ognuno di noi ha un modo tipico di comportarsi, un uso abituale di sé che si esprime nella postura come in ogni gesto. Molte abitudini che diamo per scontate sembrano facilitarci la vita ma possono al tempo stesso limitare le nostre prestazioni e, a lungo termine, nuocere all’organismo.

Alcune di queste abitudini possono avere un’influenza particolarmente negativa sulla voce, come quella di irrigidire la nuca tirando la testa indietro e verso il basso. Così facendo si schiaccia la gola e si chiude la parte posteriore della bocca. La voce risulta più faticosa, impoverita nelle risonanze, limitata nel volume e nell’estensione. La tensione che si sviluppa nel collo ostacola i movimenti naturali della laringe e l’apertura della mandibola, può coinvolgere il pavimento della bocca, la radice della lingua e i muscoli facciali.

L’abitudine a tirare la testa indietro e giù è spesso associata al crollo anteriore della gabbia toracica e al restringimento delle spalle e della parte alta del torace. La respirazione risulta compressa, eccessivamente addominale, spesso in affanno e alla voce manca un supporto adeguato. Il tentativo di rimediare all’inconveniente raddrizzandosi porta a sollevare lo sterno ed inarcare la colonna lombare facendo restringere la gabbia toracica proprio dove i polmoni sono più larghi e limitando il movimento laterale delle coste, estremamente prezioso per il controllo del fiato.

Questi atteggiamenti esprimono una generale tendenza a comprimersi verso il basso, che diviene ancora più evidente quando, nella posizione eretta, si tende a spostare il peso del tronco in avanti sulle anche e a bloccare le ginocchia spingendole indietro. Quest’abitudine crea tensione nei muscoli addominali ed interferisce con la respirazione, inoltre si ripercuote negativamente sui muscoli della gola e del collo, quindi sulla voce.

Sia in posizione eretta che seduta a molte persone sembra mancare la capacità di sostenere comodamente il proprio corpo ed in particolare la colonna vertebrale. Tutti hanno un’idea di postura corretta ma non sanno come adottarla e il tentativo di correggere i vizi posturali produce spesso risultati insoddisfacenti. Solo un certo modo di usare se stessi si armonizza con i riflessi che regolano l’equilibrio e può ottimizzare la risposta antigravitaria del nostro corpo creando le condizioni per un ottimale funzionamento dell’apparato respiratorio e fonatorio.

Controllo Primario

La relazione dinamica tra la testa, il collo e il tronco costituisce un fattore determinante per l’equilibrio posturale e la coordinazione motoria in generale. Quando il collo è libero, privo di tensioni eccessive, i muscoli mantengono l’equilibrio del capo in modo elastico e l’intera colonna vertebrale risponde con una naturale tendenza ad allungarsi verso l’alto. L’elasticità prodotta nella muscolatura di sostegno sollecita ulteriori spinte antigravitarie in altri distretti corporei facilitando un riallineamento complessivo della persona guidato dalla testa. Al tempo stesso le tensioni muscolari si riorganizzano in funzione dell’attività in corso senza interferire reciprocamente, come spesso accade. Alexander chiamò questa relazione controllo primario, un termine che non ha riscontro nella fisiologia classica ma che ben rappresenta una realtà funzionale fondamentale del nostro corpo.

L’importanza del controllo primario nel funzionamento della voce e della respirazione si può facilmente intuire osservando alcune relazioni anatomiche. Tramite un sistema di muscoli la laringe risulta essere appesa al cranio, ancorata allo sterno, alle vertebre cervicali e collegata alle scapole. Anche il diaframma, principale muscolo della respirazione, risulta appeso alla colonna cervicale tramite un sistema fasciale interno al torace. La muscolatura paravertebrale sostiene la colonna vertebrale che a sua volta sostiene la gabbia toracica, il diaframma e i muscoli respiratori accessori. Se questo sistema funziona in modo elastico e ben coordinato le coste sono libere di muoversi, le pressioni all’interno del torace e dell’addome diminuiscono e la respirazione si adatta facilmente alle esigenze vocali.

Quando il collo è libero le strutture vocali sono poste nella condizione di funzionare con l’appropriata coordinazione e flessibilità, mentre qualsiasi irrigidimento del collo ne compromette la funzionalità. È altrettanto vero che l’uso scorretto può iniziare in qualsiasi parte del corpo ed assumere varie forme, ma non rimane mai localizzato: si ripercuote sull’intero sistema corporeo andando ad interferire con il controllo primario. Ma la realtà delle nostre azioni è ancor più complessa e non può essere considerata a prescindere dalle intenzioni che le originano. Sono queste che ne determinano il carattere e le modalità di svolgimento. È da queste che inizia la rieducazione dell’uso di sé.

Inibizione

Quando Alexander si rese conto che alla semplice idea di parlare metteva in atto tutte quelle abitudini che invano cercava di eliminare decise di lavorare sul piano delle intenzioni e per prima cosa escogitò l’inibizione. Anziché provare per tentativi ad usare la voce correttamente decise di non aprir bocca nel modo abituale. Questo gli permise di dedicare molta più attenzione al modo in cui si preparava per raggiungere il suo obiettivo.

Se ci affidiamo al modo abituale di eseguire un’attività escludiamo qualsiasi possibilità di cambiamento cosciente. Diversamente possiamo renderci consapevoli delle forze che mettiamo in atto, eliminare le componenti indesiderate e sperimentare nuove modalità d’esecuzione. Significa fermarsi, prendere tempo, pensare a ciò che non si vuole che succeda, dare tempo all’organismo di elaborare nuove strategie ed assimilarle.

Non fare una cosa nel modo abituale offre la possibilità di farla in un altro modo, potenzialmente migliore. È diverso dal cercare di farla nel modo giusto, come di solito avviene. L’inibizione, nel contesto della Tecnica Alexander, è un atteggiamento mentale liberatorio che permette di allontanarsi dal modo consueto, abitudinario, di percepire se stessi, di intendere il significato delle cose, di affrontare ogni attività. È una scelta che può aprire la strada allo sviluppo creativo delle proprie potenzialità, non solo vocali.

Direttive

Come possiamo incoraggiare un uso migliore di noi stessi? Il procedimento sviluppato da Alexander è semplice e geniale. Consiste nel mandare le varie parti del corpo nella direzione più opportuna al loro funzionamento. Queste parti vengono incoraggiate, tramite le direttive, ad allontanarsi le une dalle altre in modo da neutralizzare le tensioni che le tengono compresse.

Le direttive sono istruzioni mentali proiettate verso i muscoli, le ossa, le articolazioni nel loro insieme. Non sono un movimento, uno sforzo, tanto meno una posizione. Dirigere significa focalizzare l’attenzione verso una parte del corpo per incoraggiarla ad andare in una certa direzione, senza spingere, senza tirare. Questo favorisce il rilasciamento dove c’è troppa tensione e al tempo stesso stimola il tono muscolare dove necessario, ottimizzando la distribuzione delle forze muscolari in relazione all’attività in corso.

Inibire, dirigere, non fare, ripristinare il controllo primario, non interferire: per quanto si cerchi di spiegare questi concetti si può apprenderne appieno il significato solo attraverso l’applicazione pratica. È difficile immaginare una percezione nuova, una coordinazione diversa da quella abituale, se non dopo averla sperimentata. Grazie alla guida manuale di un insegnante qualificato l’esperienza di un uso diverso di sé diviene immediatamente possibile e concreta. Ma più del risultato conta il procedimento attraverso il quale viene ottenuto. Questo rende possibile il miglioramento continuo e proietta la persona verso una dimensione di maggiore consapevolezza nella vita quotidiana, artistica e professionale.

Come si insegna e come si apprende?

La Tecnica Alexander è semplice, facilmente assimilabile e consente ai cantanti e ai professionisti della voce di ottenere risultati molto incoraggianti. Per applicarne i principi nella vita quotidiana come nel momento della performance è richiesto all’allievo semplicemente di essere interessato e disponibile al cambiamento e all’osservazione di sé.

La relazione educativa, prevalentemente individuale, si sviluppa attraverso una serie di lezioni, una ventina di norma, della durata di 40 minuti circa. L’insegnante, tramite il tocco leggero, non manipolativo, delle mani ed alcune indicazioni verbali, favorisce il riconoscimento da parte dell’allievo delle tensioni eccessive, indesiderate, e ne facilita il rilasciamento. L’allievo impara ad osservarsi, a proiettare le direttive, a dialogare con il suo corpo. Impara a lavorare su di sé, ad avere consapevolezza del proprio uso e delle proprie abitudini posturali. L’insegnante diventa un facilitatore di questo processo, tramite il quale l’allievo acquisisce gli strumenti di indagine e valutazione del proprio percorso di cambiamento, affinché possa diventare “maestro di se stesso”.

La coordinazione psico-fisica di una persona ed il suo modo abituale di usarsi sono riconoscibili in una lezione tradizionale; fare emettere dei suoni illustra solo più chiaramente le problematiche dell’allievo in quanto viene accentuato il malfunzionamento di alcune parti del corpo, per esempio l’innalzamento delle spalle, l’irrigidimento del torace, ecc. Di solito si ascolta e si osserva l’allievo nell’atto di cantare solo dopo alcuni incontri, poiché tanti anni di ripetizione degli stessi gesti, per di più con la convinzione che siano giusti, ostacolano la capacità di un’osservazione attenta e neutra dei propri problemi. Per applicare al canto una buona coordinazione psico-fisica è necessario ripristinarla prima nella quotidianità.

Le abitudini

La rieducazione dell’appercezione sensoriale avviene tramite il riconoscimento delle proprie abitudini, le quali possono essere abbandonate solo attraverso un capillare e costante lavoro dell’allievo nella quotidianità. Secondo Alexander, “cambiare implica intraprendere un’attività contro le abitudini della vita”. Quando ci si appresta a compiere un’azione, è già troppo tardi per poterla modificare: i meccanismi neuromuscolari abituali di risposta si sono già attivati. Pensare di fare un’azione o eseguirla, ai fini dell’attivazione muscolare, sono la stessa cosa, poiché ci si predispone in eguale misura a quel tipo di movimento. Ciò che dobbiamo inibire è questo tipo di risposta immediata.

Per ottenere questo l’insegnante aiuta l’allievo a portare a termine l’attività proposta senza le abituali interferenze e gli permette di rendersi conto per esperienza diretta della leggerezza e della scioltezza di movimento che si prova quando il controllo primario funziona normalmente. Attraverso ripetute esperienze di questo tipo l’allievo si costruisce il modello di valutazione sensoriale tramite il quale può sapere se sta ottenendo  il massimo di libertà e controllo in ciò che sta facendo. 

Si tratta, in definitiva, di riappropriarsi di una lingua conosciuta – l’uso del corpo – attraverso la pratica di un linguaggio dimenticato, o meglio sepolto, nascosto sotto anni di abitudini, e di riportarlo alla coscienza. Il percorso proposto sarà dunque a ritroso, con l’obiettivo esplicito di imparare a smantellare tutte quelle sovrastrutture fisiche, mentali ed emotive che impediscono all’individuo di usarsi senza sforzo. L’importante è avere il desiderio di non reagire nel vecchio modo per avere una scelta, la possibilità di un atteggiamento veramente diverso.

End gaining & Means whereby

Nell’insegnare la Tecnica Alexander ci si focalizza sull’idea di smettere di fare la cosa sbagliata (inibizione) piuttosto che cercare di fare la cosa giusta. Anziché perseguire ciecamente il risultato, con un atteggiamento che definiamo end-gaining, si comincia a prestare attenzione ai mezzi che permettono di ottenerlo, applicando il means whereby principle.

All’allievo non è richiesto di fare niente oltre che di pensare a ciò che sta facendo mentre compie un’azione. Il thinking in activity, il pensiero nell’attività, si contrappone ai modelli di apprendimento consolidati nella nostra cultura in cui si tende a raggiungere l’obiettivo a qualsiasi costo. Il prezzo che l’individuo paga, e il cantante in particolare, può essere eccessivo e molto spesso non necessario.

Il cantante è spesso “fuori” dalla propria voce, proiettato in avanti, verso il pubblico, e trova difficile “tornare a se stesso”, per pensare a come si organizza, alla coordinazione della sua struttura neuro-muscolare mentre canta. È concentrato di solito su quel che avviene nell’apparato fonatorio, o al massimo al diaframma, dimenticandosi che si canta con tutto il corpo. Attraverso una serie di lezioni invece, l’allievo cantante acquisisce la capacità di osservarsi più attentamente e, modificando la sua ottica, può rendersi conto di quanto interferisce con il buon uso naturale.

Lo spostamento di interesse dai fini ai mezzi costituisce un approccio estremamente utile da sviluppare per chi usa la propria voce come strumento di comunicazione e di espressione.

Conclusioni

Le intuizioni di Frederick Matthias Alexander ed il metodo di lavoro da lui messo a punto hanno senso all’interno di una visione unitaria della persona, a cui Alexander è giunto dopo un lungo lavoro introspettivo. Da questa unità psico-fisica dipendono i principi che guidano la rieducazione e che possiamo qui riassumere:

  • Il cattivo uso di sé interferisce con il funzionamento naturale dell’organismo.
  • Atteggiamenti abituali scorretti compromettono la funzionalità della respirazione e della voce.
  • Il ripristino di una buona coordinazione psico-fisica favorisce una maggiore libertà espressiva e comunicativa.
  • L’applicazione quotidiana dell’inibizione e delle direttive accresce la consapevolezza dell’uso di sé e sviluppa le potenzialità vocali.

Bibliografia

Frederick Matthias Alexander, The Use of the Self, Victor Gollancz Ltd, London, 1985, 1ªedizione 1932.

Frederick Matthias Alexander, La Tecnica Alexander, Scritti scelti e introdotti da Edward Maisel, Casa editrice Astrolabio, Roma, 1988. Titolo originale dell’opera: The Alexander Technique, The world-renowned system of mind-body coordination, Lyle Stuart, New York, 1967.

John Gray, Guida alla Tecnica Alexander, Ed. Mediterranee, Roma, 1995. Titolo Originale dell’opera: Your guide to the Alexander Technique, Victor Gollancz Ltd, London, 1990.

Michael Gelb, An Introduction to the Alexander Technique, Aurum Press, London,1981.

Michael McCallion, The Voice Book, Faber and Faber Limited, London,1989.

Jane Ruby Heirich, Voice and the Alexander Technique, Mornum Time Press, Berkeley, California, 2005.

Barbara Conable, The Structures and Movement of Breathing, GIA Publications, Inc., Chicago, 2000.

Indirizzi utili

Centro Studi Tecnica Alexander, Rovato (BS), www.collolibero.it

STAT, Society of Teachers of the Alexander Technique

1st Floor – Linton House, 39-51 Highate Road, London NW5 1RS, UK

Web: www.stat.org.uk, E-mail: office@stat.org.uk

1.  In piedi afflosciata.
La gravità vince, tutto il corpo è tirato giù. I movimenti della gabbia toracica sono ristretti e risulta impossibile sostenere la voce.
2. Seduta afflosciata.
Va giù, sembra depressa, e suona come tale. Il collo è spinto in avanti, la testa è tirata indietro per compensare e mantenere una chiara visione; il collo e la gola sono schiacciate e il sostegno respiratorio non funziona; la voce risulta monotona e perde la sua estensione.
3. In piedi rigida.
Combatte contro la gravità, e perde. Tirare la schiena in dentro e bloccare le ginocchia provoca la perdita di movimento nelle coste inferiori e una respirazione toracica alta, assieme ad un uso della voce troppo teso ed acuto.
4. Seduta rigida.
Come non “sedersi diritti”. La schiena tirata in dentro spinge il ventre in fuori e mette gli addominali eccessivamente in tensione, facendosi sentire nella voce. Probabile mal di schiena.
5. In piedi comoda.
Uso della gravità per bilanciarsi. Qui le curve vertebrali sono normali; l’allungamento della colonna permette la piena flessibilità nella respirazione, nei movimenti e nella voce; in questo stato di buon equilibrio ogni articolazione e muscolo è libero di fare ciò che deve, e niente di più.
6. Seduta comoda.
Curve vertebrali normali in posizione seduta: il peso è in equilibrio sulle ossa ischiatiche, le gambe non sono tese, tutti i muscoli della respirazione sono liberi di fare il loro lavoro.

Le immagini sono tratte da: Michael McCallion, The Voice Book, Faber and Faber, London, 1989, pag. 11, 13, 19.

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